Il tema del labirinto è spesso associato al mito del viaggio dei defunti, anche detto itinerario “dell’anima vagante” (da cui il titolo dell’opera). Per gli indiani O’Odham il labirinto era simbolo di nascita e di morte; come accadeva praticamente sempre, nell’antichità, nell’immaginario di questo gruppo di nativi americani il labirinto era concepito come unicursale: di forma rotonda e con 7 cerchi concentrici, il labirinto era caratterizzato da una sola entrata e un unico vicolo cieco in fondo al percorso. Le uniche due possibilità erano dunque quelle di giungere alla meta o di ritrovarsi al punto di partenza. Per gli O’Odham il labirinto si arricchisce della stilizzazione della figura umana all’ingresso del labirinto stesso: “The man in the Maze” (l’Uomo nel labirinto). Questo simbolo assume diversi significati: i Tohono O’Odham, infatti, si riferiscono all’”uomo nel labirinto” come a I’Itoi e ricollegandosi, in tal modo, al mito della creazione, ma anche al viaggio simbolico dell’umanità e di ogni singolo individuo verso il punto nero centrale del labirinto – la morte – per tornare ad essere Uno con I’Itoi, il dio che vive in un labirinto sotterraneo sotto la montagna Baboquivari.